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"URGENZA DELLA COSTITUZIONE EUROPEA NELL'IMMINENZA DELL'ALLARGAMENTO DELL'UNIONE" La struttura sovranazionale, nata con le prime comunità europee, ha notevolmente accresciuto le sue competenze e sta per raggiungere un punto critico, superato il quale, diverrà sempre più pericoloso non sciogliere il nodo decisivo della costruzione di un’Europa politica democraticamente legittimata, superando l’attuale federazione intergovernativa. Si tratta di un bivio decisivo, che introduce scenari diametralmente opposti: o si va verso una più profonda integrazione, che coinvolga finalmente anche le strutture politico-istituzionali dei paesi membri o si prospetta una Europa unita esclusivamente da un punto di vista economico, dei mercati e della moneta, responsabile di decisioni fondamentali in questi campi, ma al tempo stesso priva di una propria identità politica, capace di risolvere i problemi fondamentali del terrorismo, della pace fra i popoli e della giustizia sociale. Esiste la tendenza a dimenticare che i risultati raggiunti finora non sarebbero stati possibili senza un lungimirante investimento politico, che ha sacrificato una parte della sovranità sulle materie economiche (comunque ormai impossibile da conservare integralmente) in vista dei vantaggi dell'integrazione. Bisogna vedere se questo potrà avvenire anche in un settore tanto delicato come quello delle istituzioni politiche di governo democratico, vincendo anche in questo campo le resistenze vecchie e nuove al definitivo superamento del concetto di sovranità nazionale. Esiste, cioé, un grave deficit cognitivo nell’immagine, usualmente diffusa “dell’Europa Unita”, che è possibile, ad esempio, rilevare dalla diffusa convinzione che già esista una Costituzione Europea e che la sovranità del Parlamento Europeo in ambito legislativo sia completa ed attuale. Questo corrisponde in parte all’immagine che i mass-media contribuiscono a dare e certamente anche le stesse istituzioni in parte avallano, disconoscendo o minimizzando questioni, che, invece, col progredire dell’integrazione e per il continuo aumento delle competenze comunitarie, tendono ad aggravarsi. Il Parlamento Europeo, infatti, pur eletto a suffragio universale diretto, ha competenze estremamente ristrette rispetto agli omologhi nazionali, ed è privo di poteri nei confronti del Consiglio d’Europa, composto dai principali esponenti politici europei, i quali fondano il loro potere sul consenso raggiunto all’interno dei singoli Paesi. E’ una situazione per molti versi paradossale, giacchè coloro che vengono deputati dai cittadini (e che i cittadini ritengono di deputare) alla direzione degli affari europei, si trovano, poi, in condizione subordinata rispetto ai capi degli esecutivi nazionali. Questo controsenso diventa ancora più evidente, se si fa un paragone col funzionamento di un qualsiasi stato nazionale: nessuno potrebbe concepire una nazione acefala, governata da una assemblea di presidenti delle Regioni, e questo è tanto più vero nel caso di organismi federali, in cui è necessario contrapporre ai poteri locali un forte potere centrale. Eppure, queste contraddizioni non traspaiono nell’immagine generalmente diffusa dell’Unione Europea; anzi all’immagine delle istituzioni europee viene associato un alto tasso di democraticità. L’ambiguità di una unione economica, che stenta ad avere una identità politica, non può che condurre a simili distorsioni, perchè la democratizzazione delle istituzioni europee appare avvenire a scapito delle sovranità nazionali degli Stati membri, e la difesa della sovranità si scontra con la realizzazione di istituzioni europee realmente democratiche. Invero, una Costituzione non rappresenta solo una sorta di “legge superiore”, che definisce i Poteri dello Stato e ne delimita l’esercizio; rappresenta qualcosa di più: la fonte di legittimazione del potere democratico. Affinché possa assumere questo ruolo,è necessario che essa si fondi su un nucleo di valori condivisi. Una Costituzione europea, di conseguenza, può esistere solo se alla sua base ci sono valori e principi comuni alla totalità dei membri dell’Unione. Il problema dell’esistenza di una Costituzione europea, però, non si collega solo all’esistenza di una Carta dei diritti, ma anche a quello dell’assetto istituzionale dell'Unione. Una Costituzione potrà esistere solo quando l'ordinamento europeo avrà un fondamento e una struttura democratica. Il deficit democratico europeo resta evidente. Recentemente, un sociologo tedesco, Ulrich Beck, ha segnalato il paradosso, in base al quale, se l’Unione Europea chiedesse di aderire all’Unione Europea, sarebbe respinta. Infatti, allo stato attuale, le istituzioni europee non soddisfano i requisiti di democraticità richiesti agli Stati per l’adesione all’Unione. In futuro, questa situazione rischia di essere aggravata dall’ingresso di nuovi membri. E’ probabile che oscilli intorno a 20 la soglia del numero di membri, a partire dalla quale le istituzioni comunitarie saranno completamente paralizzate. In verità, fin da oggi, si possono rilevare diversi elementi di sclerosi istituzionale, evidenziati dal dilagare dei conflitti di legittimità tra le istituzioni comunitarie e quelle statali. L’Europa ha bisogno di un salto di qualità istituzionale, per poter affrontare la grande questione irrisolta degli anni novanta: quella di un rapporto con i paesi dell’Europa centrale e orientale, che ripresenta l'antico trade-off tra allargamento e approfondimento. L’allargamento dell’Unione richiede istituzioni sufficientemente forti da costituire un punto di riferimento vero per le democrazie in transizione dell’Europa orientale. A nostro avviso, di fronte ai problemi attuali dell’istituzione dell’euro edell’allargamento della Comunità, per evitare la paralisi delle istituzioni e vincere la sfida mondiale dei mercati globalizzati, occorre creare un’Unione Europea, sovranazionale, politica e democratica, che abbandoni il prevalente metodo intergovernativo, con una Costituzione unitaria. Non è più possibile insistere in una politica intergovernativa, affidata al vento variabile dei governi e dei partiti nazionali, ma è necessario realizzare un autentico governo politico europeo. Questo dovrà gestire una politica macroeconomica comune europea, adeguata alla sovranazionalità dell’euro e proporre una politica estera e di sicurezza sovranazionale e di giustizia sociale comune. L’Europa, culla della civiltà dell’intero pianeta, ha saputo esprimere per prima un ordinamento sovranazionale. Occorre completare tale ordinamento unitario, per ora limitato al piano economico-finanziario, anche sul piano politico, non essendo possibile scindere i due aspetti, per un’efficiente e completa gestione della cosa pubblica. L’Europa è, quindi, nuovamente all’avanguardia nel progresso del genere umano e non deve, pertanto, rinunciare a tale nuova sfida. Infatti, il completamento di tale istituzione sovranazionale si rende necessario, perché il concetto di democrazia ed i diritti umani sono diventati un fattore culturale, dal punto di vista sociale, di natura non più solo nazionale, ma transnazionale. Si va, cioè, delineando un concettodi cultura universale, basato sui diritti umani fondamentali (diritti civili e politici e diritti economici, sociali e culturali) e sulla dimensione planetaria dei diritti e dei problemi economico-sociali (la globalizzazione). Gli è che la stessa coscienza dell’uomo ormai varca i confini degli Stati e si confronta quotidianamente con il mondo intero e per questo occorre un ordinamento sovranazionale ( regionale e, poi, anche mondiale), che soddisfi questa nuova dimensione universale delle coscienze e dei problemi umani, ormai inseriti, gli uni e gli altri in un contesto mondiale o, comunque, sovranazionale. In questo senso, essa potrà costituire un esempio – se sarà realmente corrispondente al modello democratico -, per gli Stati mussulmani, per “esportare la democrazia” anche in tali paesi, legati a regimi autoritari teocratici, e non certo con la guerra preventiva come attualmente preteso dall’amministrazione americana con le guerre in Afghanistan ed in Iraq. La sovranità transnazionale si rende necessaria, per superare le ingiustizie delle singole sovranità nazionali ed assicurare la pace fra gli Stati. Infatti, esiste una nuova dimensione internazionale della solidarietà, della fratellanza e dell’altruismo e l’egoismo non è più solo individuale, ma nazionale, in questa nuova dimensione globale e mondiale dei problemi sociali e dei diritti umani fondamentali. Il problema non è quello di un trasferimento di poteri sovrani degli Stati nazionali a quello europeo o mondiale, ma di creare un ordinamento sovranazionale, che esprima il principio della sovranità popolare e della democrazia rappresentativa, ed il modello non può che essere quello dello Stato di diritto e democratico, dato che esso rappresenta storicamente ed anche logicamente- in base alla teoria dell’accordo, per la quale le norme giuridiche sono poste, direttamente o indirettamente dai loro stessi destinatari - il culmine dell’evoluzione giuridica, incarnando questi principi. Pertanto, non si tratta di mutare le identità culturali nazionali, ma di estendere a tutti gli uomini d’Europa una dignità umana universale, che ormai travalicai confini nazionali,e di vincere la sfida dei mercati globalizzati, “ viribus unitis”. Dunque, la costituzione di uno Stato federale europeo, in questa fase dell’allargamento ad altri Stati dell’U.E., non solo è un logico sviluppo della sua essenziale ed originale natura sovranazionale, ma è anche un necessario completamento istituzionale per il buon funzionamento dell’ordinamento europeo. Occorre, pertanto, procedere all’attuazione dei principi, del resto già posti alla base dell’Unione dall’art. 6 del trattato sull’U.E., di libertà, democrazia, rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e dello Stato di diritto, che sono a fondamento anche della teoria dell’accordo, che, appunto, realizza lo Stato di diritto, fondato sulla separazione dei poteri e sul principio di legalità, e lo Stato democratico, fondato sul principio della sovranità popolare, che rappresentano il diritto naturale universale, quale culmine del processo della civiltà giuridica.
La Conferenza Intergovernativa dei Capi di Stato e di Governo, tenutasi sotto il semestre dellapresidenza italiana, non si è conclusa positivamente – come è noto - per il mancato accordo, soprattutto della Spagna e della Polonia, su un punto fondamentale della nuova Costituzione, riguardante il sistema di voto a doppia maggioranza qualificata nei Consigli dell’U.E.– del 51% degli Stati e del 60% della popolazione-, proposto dalla Convenzione nel progetto di nuovo Trattato Costituzionale Europeo, approvato lo scorso 10 luglio. La stragrande maggioranza dei Paesi dell’U.E. aveva appoggiato la predetta formula della “doppia maggioranza”, ma Madrid e Varsavia hanno chiesto che si conservasse, invece, il sistema del “voto ponderato” definito a Nizza, che da' loro un peso fortemente superiore alle loro dimensioni reali (27 voti contro i 29 dei quattro ''grandi'', fra cui la Germania, che ha una popolazione due volte superiore alla loro). Il metodo nato dal trattato di Nizza, concordato al termine di una drammatica trattativa, stabilisce che la maggioranza si ottiene attraverso un sistema ponderato, per cui ad ogni Paese sono stati attribuiti un certo numero di voti non strettamente proporzionali a quello degli abitanti. Cosi' ci sono i quattro grandi (Germania, Regno Unito, Francia e Italia) che ne hanno avuti 29 ciascuno, seguiti da Spagna e Polonia con 27 a testa, pur avendo queste ultime, la meta' degli abitanti rispetto alla Germania. La lista include a scalare gli altri Stati, compresi i dieci che entreranno nell'U.E. dal primo maggio prossimo ed i tre candidati (Bulgaria, Romania e Turchia). La bozza costituzionale prevede, invece, di passare alla maggioranza qualificata che si ottiene con il doppio voto calcolato sulla meta' piu' uno degli Stati membri (13 su 25 dal prossimo anno) che rappresentino almeno il 60 per cento della popolazione europea complessiva calcolata in circa 450 milioni di persone. Il nuovo sistema proposto dalla Convenzione è senz’altro condivisibile, perchè, anzichè fondarsi sul solito sistema intergovernativo di compromesso diplomatico fra i governi, si ispira al principio comunitario dell’eguaglianza del voto di ciascun elettore (Stato o cittadino), che è alla base di ogni sistema democratico, che deve essere scevro da ogni situazione di privilegio di ciascun componente di un collettività organizzata, nella specie costituita dagli Stati e dai cittadini europei, rispettivamente, rappresentati dai Consigli dell’U.E. e dal Parlamento Europeo. Del resto, un sistema diverso implicherebbe l’adozione di una norma, oltre che ingiusta, anche incerta, specie nel caso di future successive adesioni di altri Stati, con i quali dovrebbe di volta in volta concordarsi il peso politico da attribuire in seno ai Consigli dell’Unione. La teoria dell’accordo, elaborata nel mio libro “Sui fondamenti del diritto”, edito dalla CEDAM, si fonda, essenzialmente, sul principio universale di non interferenza di ciascuno nella sfera giuridica dell’altro, senza il suo consenso, e di concordamento pacifico e paritario dei propri interessi nell’ambito del rapporto giuridico, sia sul piano interno, che internazionale. Tale teoria si ispira ai fondamentali principi dell’evo moderno, affermatisi con la rivoluzione francese, della libertà, dell’uguaglianza e della fratellanza o solidarietà, coniugandoli in una formula unitaria, che ne esalta il loro massimo valore nell’ambito della convivenza sociale e di ogni assetto istituzionale, sia interno che internazionale. Essa, in sintesi, si richiama all’idea del contratto sociale del Rousseau, fornendone una base scientifico-giuridica e non solo meramente filosofica, attraverso un’analisi degli ordinamenti giuridici attuali ed, in particolare, dell’ordinamento internazionale, in cui - come è noto - l’accordo costituisce la fonte primaria di quell’ordinamento. E, precisamente, essa individua nel concetto di accordo e del rapporto giuridico, da cui nasce, nel quadro dell’unitario ordinamento giuridico interno od internazionale, l’origine ed il fondamento del diritto, quale fenomeno intersoggettivo. In essa si pone in rilievo la figura centrale dell’accordo – espresso dal principio maggioritario, previamente da tutti accettato, in caso di atti collettivi o collegiali–, quale essenziale ed originario strumento di produzione di nuove norme giuridiche (sia particolari e concrete, che generali ed astratte ) o comunque di interferenza di un soggetto nella sfera di un altro soggetto in relazione a rapporti già disciplinati dall’ordinamento. Infatti, gli atti giuridici unilaterali sono soltanto atti preliminari o successivi (applicativi od esecutivi ) di un precedente accordo nei diversi campi del diritto. L’accordo costituisce, pertanto,l’elemento fondamentale per la costruzione di ogni ordinamento giuridico, sia statuale che internazionale. La forma naturale di accordo e la regola ordinaria di funzionamento di qualsiasi organo collettivo o collegiale si esprime, quindi, con il principio maggioritario, previamente da tutti accettato. E’ questa, infatti, la differenza fondamentale fra separati accordi, che si esauriscono con la realizzazione degli effetti di singoli atti, fra loro indipendenti, e quelli diretti a far nascere un nuovo ordinamento giuridico comune od un nuovo soggetto giuridico, distinto dai suoi singoli membri. E’, pertanto, essenziale e connaturato alla nascita di un nuovo soggetto l’adozione delle proprie decisioni secondo il principio maggioritario, perchè la differente regola dell’unanimismo nulla aggiungerebbe, sul piano del vincolo giuridico, alla differenza fra una nuova istituzione od ordinamento giuridico comune e la somma delle volontà dei soggetti, che ne fanno parte, ed alla distinta sfera giuridica degli uni e degli altri. Il modello democratico non si fonda, pertanto, solo sulla rappresentanza popolare, attraverso elezioni a suffragio universale, e la separazione dei poteri, che permette il controllo reciproco degli organi governativi – cosicchè “il potere limita il potere”, secondo la celebre frase di Montesquieu - ma anche su un terzo principio fondamentale, che anzi precede i primi due, ovvero il principio maggioritario dei suoi organi istituzionali di natura collegiale o collettiva, necessario per la nascita ed il funzionamento di ogni nuovo soggetto giuridico democratico,che possa assumere decisioni distinte dai suoi membri. Pertanto il principio della maggioranza o il principio maggioritario, non è solo un modo di formazione della volontà negli atti collegiali e, talora, in quelli collettivi, ma è innanzitutto un principio fondamentale del modello democratico. Infatti, non è sufficiente che un governo sia eletto a suffragio universale, perchè poi i voti degli elettori sono diversi in base alle diverse scelte politiche dei candidati dei vari partiti. Occorre, quindi, che si formi una maggioranza parlamentare, sulla base del principio della maggioranza dei consensi, così come occorre che tale maggioranza, specie se formata da un governo di coalizione – come normalmente avviene – assuma le sue decisioni unitarie sulla base di un programma concordato a maggioranza. E’ necessario, quindi, un criterio oggettivo democratico, che consenta la nascita ed il funzionamento del nuovo soggetto statuale o sovranazionale e questo non può che essere individuato - sulla base della teoria dell’accordo - nel principio maggioritario, previamente accettato da tutti i membri, che hanno deciso di farne parte.
Sul piano internazionale, quindi, o si rimane sul piano della logica dei separati trattati bi o plurilaterali, con la ben nota limitazione della loro efficacia per l’inesistenza di apparati esecutivi e giurisdizionali superiori alle parti contraenti, che assicurino il rispetto dell’accordo concluso, o si crea un nuovo ordinamento giuridico comune od un nuovo soggetto giuridico, distinto dai suoi singoli membri, mediante un accordo costituente fra tutti gli Stati partecipanti, che preveda il meccanismo del voto a maggioranza per i nuovi organi comuni. E’ quindi inevitabile la creazione di un nuovo Stato di diritto e democratico, anche se le forme potranno essere diverse, mediante la nascita di un nuovo Stato unitario, che sostituisca i precedenti Stati, aderenti al nuovo accordo costituente, o quella di uno Stato Confederale, con competenze limitate ad una politica estera comune, o di uno Stato federale, con le competenze comuni, sia in politica estera ed interna, attribuitegli dagli Stati aderenti, che non perdono in entrambi questi ultimi due casi la loro personalità giuridica, se in tal modo concordato. Ciò dimostra che l’accordo - nella specie sulle decisioni a maggioranza del nuovo soggetto od ordinamento giuridico comune -, sia l’elemento primigenio del diritto e, quindi, la prevalenza della teoria contrattualistica in esame, che si esprime nell’accordo, non solo sulla teoria normativa16 e su quella imperativistica17, ma anche su quella istituzionalistica 18, che parte dal concetto sociologico di istituzione, perchè la norma, il comando o le istituzioni ne sono un suo prodotto e spiega perchè queste ultime possono essere plurali e diverse ( teoria della pluralità degli ordinamenti giuridici), appunto perchè nascenti da distinti accordi, i quali possono dar vita, sia a singole separate norme, che a nuove istituzioni, e dimostra, in conclusione, che l’accordo sia l’unico principio veramente unificante delle une e delle altre e possa, altresì, organizzare tali separati accordi o nuovi soggetti od ordinamenti comuni, attraverso una concatenazione di accordi - dal patto fondante o costituzionale ai singoli accordi fra privati - nel quadro di un unitario ordinamento giuridico, sia interno che internazionale. Il diritto non nasce, cioè, nè da un’autorità esterna alla società - ordine dell’Autorità -, nè da una ragione astratta - diritto naturale -, bensì dalla volontà popolare attraverso il libero accordo, dando vita allo Stato democratico, unico e vero Stato di diritto, poichè esprime la volontà e l’etica reale di un popolo. L'accordo è dunque "l'universale giuridico", ossia l'essenza stessa del diritto, quale suo carattere intrinseco, corrispondendo al concetto di soluzione pacifica e concordata ( non violenta o fraudolenta) di un conflitto o comunque di una questione di interessi comune a più soggetti (e quindi intersoggettivo: rapporto giuridico). Per tale motivo, esso è la fonte principale e sostanzialmente l’unica del diritto internazionale, che è un ordinamento, tuttavia, ancora in via di formazione, perchè attualmente fondato essenzialmente su rapporti giuridici particolari fra soggetti determinati (accordi particolari) e, quindi, privo di una unitaria struttura rappresentativa degli interessi comuni, perfetta sul piano giuridico (quale potrebbe formarsi in base ad un accordo generale o collettivo di tutti gli Stati - fondato sul principio maggioritario dei consensi-, per assicurare non solo la pace, ma anche un equilibrato sviluppo economico mondiale), come nei singoli Stati democratici. Stante l’innata essenza del suddetto carattere del diritto, che si rinviene nell'ordine fenomenico, risulta vano il tentativo di individuarne la fonte in una precostituita volontà umana (ossia in una norma fondamentale -o primaria- sulla produzione giuridica), sia pure tacita e consuetudinaria. L’accordo è, infatti, in ogni caso l'anello necessario iniziale e dinamico del fenomeno giuridico, il quale può legittimamente esprimersi (salvo sistemi giuridici, camuffati da forme dittatoriali od oligarchiche, di diritto od anche semplicemente di fatto) solo nel sistema giuridico democratico, basato sull’accordo, cioè sul principio della sovranità popolare. La teoria dell’accordo, quale fondamento del diritto, nascente dal rapporto giuridico, nel quadro dell’unitario ordinamento giuridico interno od internazionale, identifica i principi generali del diritto, necessari per la soluzione dei maggiori odierni problemi sociali ed istituzionali, quali la pace, un nuovo ordine internazionale, fondato su un più equilibrato sviluppo economico mondiale, ed ordinamenti interni ed internazionali, realmente democratici. Essa si presenta particolarmente utile nella attuale fase di riforme istituzionali, essendo preliminare ad esse la precisa individuazione dei principi generali del diritto, che regolano la costruzione di ogni ordinamento giuridico, sia statuale che internazionale. Sul piano internazionale, la teoria dell’accordo ( che è stata definita teoria del diritto occidentale contemporaneo e del diritto naturale vigente dalla dottrina italiana di filosofia del diritto )V consente la perfetta coesistenza di Stati nazionali democratici federati con un ordinamento sovranazionale democratico federale, proprio in quanto principio universale del diritto e fondamento giuridico del moderno Stato di diritto e democratico.
Sulla base di tale principio, ho predisposto uno schema di Costituzione europea con una forma di Stato di tipo federale, libero ed aperto, ed una forma di governo democratico rappresentativo di tipo parlamentare, espresso da un sistema bicamerale, costituito da un Parlamento europeo, direttamente eletto da tutti i popoli d’Europa e da un Consiglio dei Ministri, formato dai rappresentanti dei Governi dei singoli Stati, secondo il progetto di Federazione di Stati-Nazione, che salvaguarda, sia la sovranità dei singoli Stati membri, che della Federazione degli Stati europei. Il progetto, che ha trovato ampi consensi, sia da parte della Convenzione Europea, che della Commissione europea, prevede, in sintesi, che Costituzione europea, dovrà stabilire i principi ed i diritti fondamentali, ispirati ad una condivisione di valori nel rispetto delle diversità, nonché gli organi e le competenze dello Stato federale. Tra le competenze dello Stato federale dovranno essere comprese quelle di natura sovranazionale, intese ad assicurare la politica comunitaria ed il coordinamento della politica dell’U.E. con le politiche nazionali, sulla base dei principi di sussidiarietà e proporzionalità. Trattandosi di Stato federale, inteso come naturale sviluppo dell’unione di Stati nazionali sovrani, l’organo legislativo dovrà essere espresso da un sistema bicamerale, costituito da unParlamento europeo, direttamente eletto dal popolo europeo, e dal Consiglio dei Ministri, formato da rappresentanti dei Governi dei singoli Stati membri in numero ponderale alla loro popolazione, che decida con doppia maggioranza semplice. L’organo esecutivo, sotto il controllo del Parlamento e del Consiglio sarà rappresentato dalla Commissione Europea, che dovrà ottenere la fiducia dell’organo legislativo, dopo la designazione del suo Presidente da parte dei Governi degli Stati Membri, in seno al Consiglio Europeo, e successivamente dei Commissari concordati con il medesimo, secondo un sistema obiettivo di rotazione fra gli Stati ed entro un tetto numerico prefissato. Inoltre, il Presidente dello Stato federale, che provvederà alla nomina del Governo europeo, dovrà essere eletto, previa designazione del Consiglio Europeo, dall’organo legislativo in seduta comune, quale potere “super partes” con funzioni di garanzia e di controllo sugli altri poteri dello Stato ( secondo la forma di governo democratica rappresentativa di tipo parlamentare), per evitare scelte demagogiche plebiscitarie. Infine, la Corte di Giustizia Europea dovrà essere l’organo giurisdizionale, con competenza originaria, sugli atti ele materie di competenza dello Stato federale e sulle loro violazioni da parte dei singoli individui, degli Stati federati o degli organi dello Stato federale,e di appello, in via sussidiaria alla giurisdizione dei singoli Stati Membri, in caso di violazioni dei diritti umani fondamentali. Tale progetto è stato molto apprezzato, sia da parte della Convenzione Europea, che della Commissione Europea, e ha trovato ampia conferma nel progetto di Costituzione europea, presentato dalla Convenzione Europea al vertice di Salonicco, anche se sussiste ancora in buona parte la componente intergovernativa nel sistema giuridico adottato per il ruolo di indirizzo politico, che è assegnato al Consiglio Europeo, che decide generalmente per “consensus” ( procedura di formazione della volontà collegiale, implicante un accordo generale, in assenza di voto, che consente, in quanto tale, a ciascuno Stato membro di contestare con “ riserve” la decisione adottata e di dissociarsi dai suoi effetti) e provvede, altresì, alla nomina del Presidente dell’Unione Europea. Inoltre, non è stato ancora generalizzato il sistema del voto a maggioranza per ledecisioni del Consiglio dei Ministri, in materie fondamentali, quali quelle di politica estera, di difesa e sicurezza comune, di coordinamento della politica economica ed occupazionale, le cui linee strategiche sono affidate al Consiglio Europeo ed escluse dalle competenze decisionali della Commissione Europea e del Parlamento Europeo. Altre materie sono affidate a leggi europee, emanate dal solo Consiglio dei Ministri, con voto all’unanimità, come quelle relative alla politica sociale, fiscale, al diritto di famiglia, alla criminalità transnazionale, alla cooperazione di polizia e al nuovo sistema di elezioni del Parlamento europeo a suffragio universale diretto. Inoltre, la revisione del nuovo Trattato costituzionale è ancora affidata alla decisione unanime diuna C.I.G. ed alla successiva ratifica di tutti gli Stati membri, come nell’attuale art. 48 TUE, sebbene con la novità della previa nomina di una Convenzione da parte del Consiglio europeo. Tuttavia, il fulcro del nuovo ordinamento sovranazionale è tracciato, poichè la funzione primaria legislativa è affidata ad un sistema bicamerale, costituito da unParlamento Europeo, direttamente eletto dal popolo europeo, con un numero di rappresentanti per ciascuno Stato, proporzionale alla sua popolazione, entro un tetto numerico complessivo di 736 Membri, e dal Consiglio dei Ministri, formato da un rappresentante di ciascun Governo di ogni Stato Membro, che decide, generalmente,con doppia maggioranza qualificata dei suoi membri inseno al Consiglio ( maggioranza degli Stati e dei 3/5 della popolazione, se decide su proposta della Commissione o del Ministro degli AA.EE, e maggioranza dei 2/3 degli Stati e dei 3/5 della popolazione negli altri casi. Sistema di voto adottato anche per il Consiglio Europeo, nei casi eccezionali, in cui la Costituzione prevede che decida a maggioranza qualificata) e con maggioranza dei votanti in seno al Parlamento Europeo, nel rispetto del numero legale, che lo stesso Parlamento stabilirà con proprio regolamento interno, da approvarsi a maggioranza dei suoi Membri. Pertanto, pur essendo state poste le basi per la nascita di un nuovo Stato di diritto, di natura sovranazionale e sostanzialmente federale, con proprie competenze, sia di politica interna che internazionale, fondato sulla separazione dei poteri, non si è dato ancora ad esso una piena vita autonoma, con l’adozione del sistema maggioritario (semplice o qualificato) nelle decisioni dei suoi organi ed in particolare in quello di indirizzo politico ( Consiglio Europeo) ed in parte di quello legislativo ( Consiglio dei Ministri). Inoltre, si è prevista una Costituzione immodificabile se non con l’accordo unanime di una nuova Assemblea Costituente ( nuova Convenzione) e ciò in contrasto con i principi di qualsiasi Costituzione diun nuovo Stato od Ordinamento sovranazionale, che deve necessariamente avere completa vita autonoma dai singoli soggetti che ne fanno parte, situazione che può essere assicurata soltanto dall’adozione del principio maggioritario, nelle regole relative al suo funzionamento, anche riguardanti le sue modificazioni o la sua estinzione, sia pure con decisioni rafforzate da ripetute votazioni o da maggioranze qualificate, nelle scelte di maggiore importanza. E’ prevalso, invero, il timore che con la nascita del nuovo Ente sovranazionale gli Stati membri perdessero, sia pure in parte, la loro sovranità nazionale, trasferendola definitivamente al nuovo soggetto. Peraltro, in base alla mia teoria, che si pone a fondamento dello Stato democratico, lo stesso concetto tradizionale di Stato federale, nel quale i singoli Stati membri trasferirebbero definitivamente la loro sovranità nazionale e godrebbero soltanto di una potestà costituente derivata, privandosi, altresì, per sempre della loro personalità internazionale, non corrisponde al principio fondamentale del diritto e dello Stato democratico dell’accordo, che si esprime nella sovranità di tutti i soggetti ( popoli e Stati), che ne facciano parte, nel rispetto reciproco gli uni degli altri. Nel caso in esame, si tratta, invero, di creare un ordinamento sovranazionale libero ed aperto, che esprima il principio della sovranità popolare e della democrazia rappresentativa, che non comporta, pertanto, un trasferimento di poteri sovrani dagli Stati nazionali a quello europeo, ed il modello non può essere che quello dello Stato di diritto e democratico, dato che esso rappresenta storicamente ed anche giuridicamente, in base alla teoria dell’accordo, il culmine dell’evoluzione giuridica. Tale fondamentale principio era stato anche recepito dal progetto di Trattato che istituisce la Costituzione europea, modificato dal gruppo di esperti della CIG, sotto i lavori della presidenza italiana, che, all’art.1 del Titolo I della Parte I, prevedeva espressamente un’attribuzione e non più un trasferimento di competenze dagli Stati Membri all’Unione europea, nella norma inizialebasilare relativa all’istituzione dell’Unione. E’, pertanto, un falso problema quello, per cui la creazione di un nuovo Stato federale con l’adozione del sistema di voto a maggioranza per i suoi organi dia luogo alla nascita di un “Superstato”, nel quale i singoli Stati aderenti trasferiscano definitivamente i propri poteri sovrani, essendo vero in uno Stato di diritto e democratico esattamente il contrario, poichè può rimanere libera la libertà di accesso e di recesso di ciascuno, proprio in base all’accordo concluso (fermo rimanendo, ovviamente, nel secondo caso, il rispetto degli obblighi in corso, già contratti), come avviene per i cittadini di ogni singolo Stato democratico e come è espressamente previsto nel progetto di Trattato costituzionale, elaborato dalla Convenzione, che ha recepito tale principio. Indi, come naturale sviluppo del modello europeo, ho analizzato nei miei studi, che sono stati oggetto di relazioni in vari convegni giuridici, la prospettiva di procedere progressivamente alla creazione di federazioni di Stati per aree regionali continentali, per poi, addivenire, con un accordo costituente, ad una nuova istituzione delle Nazioni Unite o ad una riforma dell’attuale ordinamento dell’O.N.U., in assenza di veti, da un lato con la trasformazione dell’Assemblea Generale, da assemblea di Governi in una duplice assembleadei rappresentanti degli Stati e dei popoli, ossia in un Parlamento mondiale bicamerale, dove tutti gli Stati ed i popoli siano proporzionalmente rappresentati, e dall’altro ad un effettivo controllo di tale Parlamento mondiale sull’operato del Consiglio, nella cui composizione siano presenti, in prospettiva, organizzazioni regionali dotate di competenze sovranazionali. In conclusione,la forma naturale di accordo e la regola ordinaria di funzionamento di qualsiasi organo collettivo o collegiale, nel modello democratico, si esprime, quindi, con il principio maggioritario, previamente da tutti accettato. Pertanto, il sistema di voto a doppia maggioranza - degli Stati e della popolazione – per le decisioni dei Consigli dell’U.E., non solo è più semplice e più equo, rispetto a quello del voto ponderato, approvato nel vertice di Nizza, , ma è anche l’unico realmente corrispondente al modello democratico, perchè si fonda sul principio dell’eguaglianza del voto di ciascun elettore (Stato o cittadino), che è alla base di ogni sistema democratico, che deve essere scevro da ogni situazione di privilegio di ciascun suo componente, (cittadino o Stato) e basarsi su regole predeteminate uguali per tutti. Qualora,infine, tale regola fondamentale democratica non venga ancora condivisa da tutti gli Stati dell’Unione è sempre possibile ricorrere alla possibilità, già prevista dai Trattati di Amsterdam e di Nizza, delle cooperazioni rafforzate fra gli Stati che concordano sul nuovo assetto istituzionale, tanto più chela stragrande maggioranza di essi si è dimostrata favorevole, non solo al voto a doppia maggioranza per le decisioni dei Consigli dell’U.E., proposto dalla Convenzione o su soluzioni similari (come quella di equiparare i due elementi della doppia maggioranza (50-50%, 55-55% o 60-60%), ma anche a quasi tutte le altre norme del progetto di Trattato costituzionale, varato dalla Convenzione. Tale avanguardia di Stati pionieri,che apra la strada ad una cooperazione piu' salda, potrà certamente servire come punto di partenza per un'Unione piu' forte e piu' integrata, come si sono espressi, in particolare, la Francia e la Germania, oltre che il Presidente della Commissione europea, al termine dei lavori della C.I.G. nel semestre di presidenza italiana. Nel Consiglio europeo di Bruxelles dello scorso 25/26 marzo 2004 sono emerse, peraltro, le condizioni per rilanciare in tempi brevi il negoziato sul Trattato costituzionale ed arrivare ad un’accordo entro la fine della Presidenza irlandese, quale strumento per consentire all’Unione di rispondere meglio alle richieste dei suoi cittadini e di assumere un ruolo più incisivo nel mondo. Il nodo più difficile da sciogliere resta sempre quello che ha determinato lo stallo precedente, ossia la soglia necessaria per decidere a maggioranza qualificata, anche se i segnali sono incoraggianti, in quanto vi sono state maggiori aperture da parte del nuovo governo spagnolo e del governo polacco, che si erano dimostrati nel precedente vertice di Roma tra i governi più intransigenti a trovare una soluzione comune sul punto. Come detto, non è solo una questione di percentuali, ma un fatto dal quale dipende il futuro del processo d’integrazione, in quanto l’Unione allargata deve essere in grado di prendere decisioni. Se la soglia necessaria per prendere una decisione a maggioranza sarà troppo alta, l’Unione non sarà in grado di decidere nè sulla lotta al terrorismo, nè sulla governance economica, nè su qualsiasi altro tema, perchè un piccolo gruppo di paesi potrebbe bloccare qualunque proposta. Finora la discussione ha riguardato la dimensione di questa minoranza di blocco. Ma, non si può impostare un dibattito di natura istituzionale, pensando agli strumenti che gli Stati membri hanno per bloccare le decisioni. La discussione deve riguardare invece la questione opposta: quali sono gli strumenti migliori per decidere. Sulla scorta degli ultimi sviluppi, sembra scongiurato un altro fallimento e che avremo presto la nostra sospirata Costituzione. Tuttavia, l’accordo finale deve essere un compromesso alto, che permetta all’Unione allargata a 25 di funzionare in modo agile ed efficiente. Per portare avanti con credibilita' la lotta alle minacce di questo inizio secolo, l'Unione Europa deve essere in grado di decidere con velocita' e tempestivita', deve poter parlare con una voce unica in politica estera, deve avere una politica di difesa e di sicurezza efficace, deve riuscire a mettere in un angolo quegli interessi nazionali, che troppo spesso l'hanno frenata negli anni recenti e nei momenti decisivi. I tempi sono stretti: il primo maggio l'Europa sara' finalmente e formalmente composta da 25 Paesi membri, il 12 e 13 giugno si svolgeranno le elezioni del nuovo Parlamento europeo, il 16 e 17 giugno si svolgera' il Consiglio europeo, che concludera' il semestre di presidenza irlandese. In questo lasso di tempo, l'Europa deve riuscire a trovare il coraggio e la forza per riuscire la' dove falli' tre mesi fa. Senza una Costituzione europea - e' l'opinione della stragrande maggioranza dei leader europei - nessun altro progetto puo' essere portato avanti. Ma al di la' delle problematiche tecniche, che comporta adottare decisioni con le regole decise a Nizza nel 2000 e non con quelle - piu' avanzate - concordate dalla Convenzione, c'e' un problema squisitamente politico: l' Europa, che vuole dare una credibile risposta alla sfida del terrorismo islamico, deve essere in grado di proporsi come soggetto unitario e deve dimostrare di saper superare i meri interessi nazionali - quelli che bloccarono a dicembre il varo della Costituzione - in nome di un comune interesse generale europeo.
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